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Mantenere vivo “Il maestro” Fellini

Fellini ha influenzato diversi registi contemporanei, da Woody Allen a Emir Kusturica

In Svizzera è stata creata una collezione dedicata a Federico Fellini. Una volta completata sarà la raccolta di materiale d'archivio sul regista italiano più grande del mondo.

Una fondazione cinematografica privata e la Cineteca svizzera hanno unito le forze per preservare le opere di Fellini, il grande realizzatore italiano autore di pellicole quali La Dolce Vita, 8 ½ e La Strada.

La collezione – che dovrebbe essere completata nel 2011 – comprenderà 24’000 documenti originali, lettere, sceneggiature, fotografie, disegni, poster, film, costumi e attrezzature sceniche.

Il materiale originale sarà depositato nel nuovo archivio della Cineteca a Penthaz, nei pressi di Losanna. Le copie saranno invece riposte nei locali del liceo “Collège des Creuset” di Sion, in Vallese, sede della Fondazione Fellini per il cinema.

La nuova collezione sarà consultabile dagli studenti in cinematografia, dai ricercatori e da tutti gli appassionati. «È un’iniziativa molto importante, siccome ci permette di offrire una panoramica su un genio che ha oltrepassato le frontiere del cinema», dice a swissinfo Stéphane Marti, presidente della Fondazione Fellini. «Oltre ai suoi film, si potrà ammirare Fellini nelle vesti di poeta, scrittore e attore».

Una stanza piena di regali

Gran parte dell’archivio è di proprietà del produttore elvetico Gérald Morin, presidente onorario della fondazione. Morin, che nel periodo 1970-1977 ha collaborato con Fellini in qualità di segretario privato e assistente realizzatore, ha raccolto materiale sul regista italiano per 30 anni.

«All’età di 18 anni, mentre stavo facendo i miei esami di maturità in Francia, vidi il film 8 ½», ricorda. «In quel momento realizzai che dovevo lavorare nel campo cinematografico e così ho iniziato a collezionare ogni cosa su Fellini».

Guidato dalla sua passione per il cinema, nel 1971 Morin viaggia fino a Roma per intervistare il noto regista. In seguito si ritrova a fianco di Fellini, con il quale realizza alcuni film, tra cui Amarcord e Casanova.

«Aveva l’abitudine di pagare i suoi assistenti in natura, offrendo loro un dipinto, una scultura o una penna», racconta Morin. «Non gli piaceva accumulare cose e così le dava a me; mi faceva regali in quanto studioso della sua persona. Mia moglie non era per nulla contenta: avevamo una stanza di 60 metri quadrati piena di scatole».

A disposizione del pubblico

Di ritorno in Svizzera nel 1994, Gérald Morin – che lavorò pure assieme ai realizzatori Marcel Carné, Robert Altman, Franceso Rosi e Jean-Jacques Annaud – decide di divulgare la sua ampia collezione. «In modo che Fellini potesse continuare a vivere».

«Non volevo che il materiale rimanesse in un deposito; la mia intenzione era di metterlo a disposizione degli studenti per interessarli al cinema».

Un incontro fortunoso con Stéphane Marti segnò il destino di entrambi. Insieme, nel 2001, il produttore e il professore francese danno origine alla fondazione. Morin fornirà in seguito 13’000 documenti cinematografici originali di un centinaio di registi, inclusi 9’500 documenti concernenti Fellini.

Oltre ad aver creato un centro di ricerca sul cinema e un club cinematografico al Collège des Creuset, la fondazione allestisce regolarmente mostre ed esibizioni.

A partire dal 17 luglio, la fondazione esporrà ad esempio una piccola parte della collezione su Fellini in sei città polacche, tra cui Varsavia e Cracovia. In futuro sono previsti eventi simili in Francia, Spagna, Italia, Belgio e in Svizzera.

Finzione e realtà

Ma cosa aveva di speciale Fellini, spesso descritto il «regista dei registi» e così famoso da avere il suo proprio aggettivo? «È unico: non lo si può paraganoare», risponde Morin. «È un membro della piccola borghesia provinciale che si è trasferito a Roma ed è entrato nel mondo del cinema per caso; lentamente, è poi diventato completamente autodidatta».

Il maestro del neorealismo degli anni ’60 è forse più noto per le immagini dell’indimenticabile bagno di Anita Ekberg nella fontana di Trevi in La dolce vita. La pellicola, che divenne sinonimo della decadenza di quegli anni e che diede origine il termine “paparazzi”, fu tuttavia soltanto una delle molte opere del regista romagnolo.

«Passò dal neorealismo a una specie di neorealismo poetico, prima di offrire un onesto sguardo sulla società», spiega Morin.

Durante la sua carriera, Fellini ha realizzato 23 film, inclusi Le notti di Cabiria, Amarcord, Satyricon, 8 ½ e La strada.

Combinando ricordi, sogni, fantasie e desiderio, Fellini offre nelle sue pellicole una profonda visione personale della società, descrivendo sovente le persone nei loro aspetti più bizzarri. Il termine “felliniano” è d’altronde utilizzato per descrivere le scene che mescolano realtà e finzione.

Nel corso degli anni, Fellini ha tuttavia subito, più di qualsiasi altro regista famoso dello stesso periodo, un destino crudele. Alcuni critici hanno respinto le sue opere definendole sdolcinate, eccessive e indulgenti verso sé stesse. Per i suoi detrattori, Fellini era un realizzatore intrappolato nelle proprie pretese intellettuali ed estetiche.

«Fellini è ancora nella fase di purgatorio», constata Gérald Morin. «È un fatto normale per tutti i grandi artisti; è un pezzo di un dinosauro di un mondo che non esiste più».

«È molto personale… forse troppo personale, ma quando ho lavorato con lui non ho imparato a fare film, ho imparato come vivere».

swissinfo, Simon Bradley
(traduzione e adattamento dall’inglese: Luigi Jorio)

Federico Fellini è nato a Rimini il 20 gennaio 1920; si è spento il 31 ottobre del 1993 a Roma.

Prima di diventare un regista ha lavorato come caricaturista e sceneggiatore.

Il suo primo lungometraggio è stato Luci del varietà del 1950; la sua produzione cinematografica cessa nel 1990 con La voce della luna. In totale ha realizzato 23 film.

Durante la sua attività ha ottenuto diversi premi, inclusi gli Oscar per La strada (1954), Le notti di Cabiria (1957), 8 ½ (1963) e Amarcord (1973) e l’Oscar alla carriera nel 1993.

Con La dolce vita (1960) ha inoltre vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes.

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