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I “leoni della tastiera” che diventano conigli

Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati ANSA

Non deve essere stato facile, per Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati, quindi terza carica dello Stato, prendere quella decisione: cioè denunciare pubblicamente una parte di chi l'ha insultata sulla sua pagina Facebook, una bacheca da quattro milioni di visitatori. La coraggiosa e sofferta iniziativa ha proposto l'ennesimo spaccato delle pesanti ingiurie e della violenza che ovunque e quotidianamente circolano sui "social media". Una cascata ininterrotta di contumelie, di cattiverie, di bullismo elettronico. Che ha già fatto e continua a fare troppe vittime.

I gestori di “Fb” hanno sostenuto a lungo di non avere responsabilità, insistendo sul fatto di non essere editori ma soltanto diffusori, semplici e innocenti veicoli di distribuzione. Puro cinismo e menefreghismo interessato. Come se chi distribuisce merce pericolosa possa essere esente da qualsiasi colpa. In realtà conta il ‘business’ della pubblicità generato anche e soprattutto dai messaggi che scandalizzano, insieme a quelle che raccontano gigantesche bufale. Solo negli scorsi giorni Mark Zuckerberg, uno dei cinque geni inventori di Facebook, ha ammesso che il problema esiste, che sta cercando rimedi, ma nessuno ha capito quali. Pensate davvero che rinuncerà facilmente alle innumerevoli uova d’oro della sua gallina elettronica? Naturalmente i “social”, espressione e simbolo di libertà individuale, sono una grande risorsa. Nessuno può ormai pensare di eliminarli o ridurli drasticamente. Ma regolamentarli si potrebbe e si dovrebbe al più presto.

Comunque chi ha letto i messaggi ostili e pesantemente ingiuriosi inviati a Laura Boldrini, anche attraverso veicoli in “rete” che consentono l’anonimato, parla di un’autentica “galleria dell’orrore”, quasi sempre a sfondo sessuale. Testi talmente volgari che non è nemmeno immaginabile riprodurre sulle colonne di un giornale. “Voglio che mogli, mariti, figli, datori di lavoro, sappiano quale rabbia e aggressività covano i loro congiunti o dipendenti. La violenza che circola in rete può tracimare nella vita reale”. E gli esempi purtroppo non scarseggiano. Nemmeno scarseggiano quali che dimostrano la codardia di chi si esercita nell’ingiuria. Invitata dalla Boldrini a Roma per un colloquio, la signora Maria, autrice di post indecenti contro la presidente della Camera (“donne che odiano le donne”) ha declinato, confessando di “vergognarsi troppo”.

Del resto, di “leoni della tastiera” – in realtà così pronti a trasformarsi in conigli se stanati e messi davanti alla loro responsabilità individuali – ce ne sono di diverso tipo. Ed ecco che, nelle stesse ore in cui la presidente della Camera decideva di reagire, salta fuori una vicenda di segno opposto, e che ci indica un altro livello di degrado. Per mesi e mesi una certa “Beatrice di Maio” twittava critiche pesanti ma anche ingiurie ai dirigenti del PD, da Renzi alla Boschi ad altri ‘democratici’, e già che c’era inserendo nella pattuglia da bersagliare anche il capo dello Stato, Mattarella. Considerato il cognome della mittente, il partito del premier attacca il noto esponente dei Cinque Stelle, e denuncia l’account delle diffamazioni. Per scoprire che l’autrice dei messaggi altri non è che la moglie dell’ex ministro e capofila di Forza Italia, Renato Brunetta.

La signora confessa cinguettando allegramente, mentre il sorridente marito subito precisa: “io non ne sapevo niente” (figurarsi). Il nome della signora è Tommasa Giovannoni. Detta Titta. Frequentatrice dei buoni salotti romani. Ed ora probabile eroina dei piccoli linciatori nascosti in rete.

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