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La sorella di Kim invita Seul a Pyongyang, prove dialogo

Kim Yo-jong, la sorella del leader nordcoreano, e Kim Yong-nam, altro rappresentante di Pyongyang. KEYSTONE/EPA SOUTH KOREA UNIFICATION MINISTRY/SOUTH KOREA sda-ats

(Keystone-ATS) Kim Jong-un invita il presidente sudcoreano Moon Jae-in a visitare Pyongyang “alla prima data utile” e “quanto prima possibile”, esprimendo poi in una lettera “l’auspicio di migliorare i rapporti Nord-Sud”.

Nella Blue House, sede della Presidenza di Seul (riprodotta fedelmente anche dai nordcoreani alle porte di Pyongyang per preparare gli ‘spietati’ assalti delle truppe speciali), la delegazione della Corea del Nord è stata ricevuta oggi con tutti gli onori: invito e missiva aprono scenari di dialogo inimmaginabili rispetto ai recenti venti di guerra sulla penisola, tra incertezze e sospetti.

Quello che non è riuscito a Kim Il-sung e Kim Jong-il, è sembrato fin troppo semplice a Kim Yo-jong, nipote e figlia dei due leader del Paese eremita e sorella dell’attuale Kim Jong-un, entrata nella residenza “nemica” mostrando la spilla rossa di ordinanza sul petto coi ritratti di nonno e padre. Attraverso di lei, unica persona a dare consigli diretti al leader, la Corea del Nord ha giocato una carta pesante nel giorno delle prime gare olimpiche: una schiarita delle relazioni intercoreane mette a rischio l’alleanza tra Usa, Corea del Sud e Giappone sulla necessità di mantenere la “massima pressione” su Pyongyang perché abbandoni le sue ambizioni nucleari e missilistiche.

“Sono inviata speciale mandata dal presidente Kim Jong-un”, ha esordito, consegnando la lettera nelle mani di Moon ed estendendo l’invito formale a visitare Pyongyang. “Facciamo i preparativi per realizzare l’incontro”, ha risposto Moon nelle ricostruzioni dell’Ufficio presidenziale, dove per “preparativi” si intendono passaggi come il miglioramento delle relazioni bilaterali e la ripresa del dialogo tra Nord e Usa. Nelle quasi tre ore di incontro il tema nucleare non sembrerebbe essere stato trattato.

Nel messaggio di Capodanno alla nazione, Kim Jong-un ha usato toni molto più morbidi verso il Sud, prendendo mosse unilaterali in poco più di un mese sull’onda della tregua olimpica e forse, è il sospetto Usa, in scia allo stato di urgenza per le sanzioni, pesanti da quando anche la Cina ha deciso la piena attuazione.

Pyongyang considera Washington l’unico interlocutore sui suoi programmi nucleari, ma l’amministrazione Trump è divisa tra chi vuol fare ripartire un confronto senza condizioni (il segretario di Stato Tillerson) e chi (il consigliere sulla Sicurezza H.R. McMaster) vorrebbe evitare “il dialogo per il dialogo” ma punta a passi concreti.

Malgrado l’insistenza di Seul, il vice presidente Usa Mike Pence, al Sud per il via ai Giochi, ha evitato contatti con la delegazione del Nord guidata formalmente da Kim Yong-nam, Capo dello Stato de facto, e per questo è stato criticato con durezza dai media di Pyongyang. Prima di rientrare negli Usa, Pence si è detto “molto fiducioso sul fatto che stiamo continuando a fare ciò che sappiamo debba essere fatto” rivendicando la piena unità d’intenti con Seul e Tokyo.

Washington ha all’apparenza espresso apprezzamento per la ripresa del dialogo Sud-Nord, ma lo scenario peggiore sarebbe il summit a Pyongyang, il terzo di una nuova “sunshine policy” dopo quelli del 2000 e del 2007. Il primo scoglio da superare sono le manovre militari Usa-Corea del Sud, rinviate per le Olimpiadi: a un sollecito riavvio del premier nipponico Shinzo Abe, Moon ha replicato che la richiesta viola la sovranità del suo Paese.

Kim Yo-jong ha affascinato Seul: “Spero che “Pyongyang e Seul si avvicinino nei cuori della nostra gente coreana e il futuro dell’unificazione e della prosperità potranno avanzare”, ha scritto sul libro degli ospiti illustri della Blue House.

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