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Medio Oriente, un piano nato morto

manifestanti con la bandiera palestinese
A Betlemme, così come in diverse altre località della Cisgiordania e di Gaza, i palestinesi sono scesi in piazza per protestare contro il piano di pace annunciato martedì da Trump. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved

Il piano di pace presentato martedì da Donald Trump e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu sembra non avere nessuna chance di successo a giudicare dalle reazioni dei palestinesi e di molti osservatori.

“Gerusalemme non è in vendita e i nostri diritti non si barattano”, ha dichiarato il presidente palestinese Mahud Abbas, respingendo il piano di pace annunciato martedì a Washington dal suo omologo statunitense.

Scontato anche il ‘no’ di Hamas, che ha convocato per venerdì una “giornata della collera”, promettendo “resistenza armata” per i diritti palestinesi.

Una secca bocciatura è arrivata mercoledì anche dalla Turchia. “Gerusalemme è sacra per i musulmani. Il piano di Donald Trump che mira a dare Gerusalemme a Israele è assolutamente inaccettabile”, ha affermato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. “Il piano ignora i diritti dei palestinesi e mira a legittimare l’occupazione israeliana. Non servirà né alla pace né alla ricerca di una soluzione” al conflitto, ha aggiunto. Una posizione condivisa dalla Lega Araba.

Il servizio del TG:

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Anche in Israele il piano non è benvoluto da tutti, ma per ragioni opposte: “I palestinesi l’hanno respinto a priori, così come i coloni israeliani, che si oppongono a qualsiasi forma di sovranità palestinese”, rileva Steven Cook, del think tank Council on Foreign Relations, citato dall’Agence France Presse.

Il progetto – osserva da parte sua Michele Dunne, del think tank Carnegie Endowment for International Peace – è dettato prima di tutto da considerazioni di politica interna: “È stato coordinato con una sola delle parti in causa e sembra avere un solo obiettivo politico, ovvero aiutare Netanyahu nella sua lotta politico-giudiziaria e consolidare il sostegno per Trump tra gli elettori statunitensi filo-israeliani”.

Nella regione qualche sostegno al piano è giunto dagli alleati arabi di Washington, che però hanno soppesato ogni parola, per non urtare troppo la loro opinione pubblica e suscitare le ire dei palestinesi. Ryad ha comunicato di “apprezzare gli sforzi” americani, rinnovando però nello stesso tempo il suo “risoluto sostegno” ai palestinesi. L’Egitto ritiene che il piano meriti un “esame approfondito”, mentre il Qatar ha insistito sulla necessità di avere uno Stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale.

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