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Il cinema in lutto per la morte di Antonioni

Con Michelangelo Antonioni scompare un pezzo di storia del cinema Keystone

Il Festival del film di Locarno si apre mercoledì nel segno del lutto. Dopo Ingmar Bergman, al quale il festival aveva dedicato la sua prima retrospettiva, è deceduto anche il regista italiano Michelangelo Antonioni.

Antonioni, presente quest’anno con un film in una speciale rassegna dedicata alle dive del cinema italiano, figura nel palmarès del Festival grazie al primo premio vinto nel 1957.

Michelangelo Antonioni è morto lunedì sera nella sua casa di Roma all’età di 94 anni. Autore di film quali «L’avventura» (1960), «Blow up» (1966) o «Zabriskie Point» (1970), Antonioni è considerato uno dei più grandi registi della storia del cinema.

«Con Antonioni perdiamo un intellettuale brillante e molto sensibile», ha commentato il ministro italiano della cultura, Francesco Rutelli.

«Fino al termine dei suoi giorni è stato un attento osservatore dei mali del XX secolo. La sua scomparsa chiude un ciclo storico del cinema italiano», ha aggiunto.

Locarno segnata dal «grido» di Antonioni

Nel 1954, in veste di cineasta emergente, Antonioni è protagonista assieme a Fellini e Visconti di una speciale rassegna sul neorealismo italiano al Festival del film di Locarno. Tre anni dopo, vince il primo premio dell’allora giuria dell’Associazione svizzera della stampa cinematografica con «Il grido».

«Antonioni è stato un regista molto vicino allo spirito del festival di Locarno», dice a swissinfo Mariano Morace, giornalista e critico cinematografico.

«Ha infatti proposto un cinema che non si limita al semplice spettacolo, ma che si spinge oltre», osserva Morace, da 35 anni affezionato osservatore del Festival.

Nell’anno del 60esimo, il Festival ha scelto proprio un film di Antonioni – «La signora senza camelie» con Lucia Bosé (1953) – per completare il suo programma speciale «Signore & Signore», un omaggio alle dive del cinema italiano.

Cinema in lutto

Il decesso di Antonioni è sopraggiunto a poche ore di distanza dalla morte di due altri grandi nomi del cinema: il regista svedese Ingmar Bergman, spentosi a 89 anni sull’isola di Faaro, nel Gotland, dove da tempo viveva ritirato, e l’attore francese Michel Serrault (79), indimenticabile protagonista assieme ad Ugo Tognazzi de «Il Vizietto».

«Bergman è stato una persona straordinaria, importante non solo per il cinema ma anche come intellettuale e mistico», ha reagito Freddy Buache, ex direttore del Festival di Locarno e della Cinemateca svizzera.

Con la scomparsa di Antonioni e di Bergman «il cinema si trasformerà definitivamente in qualcosa di diverso», ha aggiunto Buache.

L’omaggio a Bergman

Come Antonioni, anche Bergman – autore de «Il settimo sigillo» (1956), di «Scene da un matrimonio» (1974) o ancora di «Fanny e Alexander» (1983), con il quale ha vinto quattro Oscar – ha lasciato la sua impronta al Festival di Locarno. A lui è infatti stata dedicata, nel 1959, la prima retrospettiva della manifestazione internazionale che ogni anno anima la cittadina ticinese.

Una novità non solo per il festival, ma per tutta la Svizzera. Freddy Buache, allora direttore artistico, rammenta infatti che «sebbene Bergman avesse già realizzato una dozzina di film, nessuna pellicola era uscita nelle sale cinematografiche elvetiche».

Mercoledì, in occasione della serata d’apertura, la Piazza Grande di Locarno renderà omaggio al regista svedese con la proiezione di «Saraband», l’ultimo suo film, realizzato nel 2003.

swissinfo e agenzie

Nato il 29 settembre 1912 a Ferrara, Antonioni comincia ad interessarsi di cinema alla fine degli anni Trenta.

Trasferitosi a Roma, frequenta il Centro sperimentale di cinematografia e collabora con Rossellini.

Dopo un soggiorno in Francia, ritorna in Italia dove realizza il primo documentario, “Gente del Po”, terminato nel 1947.

Nel 1950 firma il suo primo lungometraggio, “Cronaca di un amore”. Nel 1957 il suo sesto lungometraggio – “Il grido” – riceve il primo premio a Locarno.

Tre anni dopo esce quello che molti considerano ancora oggi il suo capolavoro, “L’avventura”. “Deserto rosso”, del 1964, segna il suo passaggio al colore.

Antonioni allarga in seguito i suoi orizzonti dalla borghesia italiana alla società internazionale, con pellicole come “Blow up” (1966), ambientato in Inghilterra, o “Zabriskie Point” (1970), che parla della contestazione giovanile e del rock in America.

Alla fine degli anni ’70, il regista italiano è tra i primi ad interessarsi al formato digitale, realizzando su supporto magnetico “Il mistero di Oberwald”.

Dopo un lungo silenzio dovuto alla malattia, torna al cinema nel 1995 con “Al di là delle nuvole”, realizzato con Wim Wenders. L’ultima opera data del 2005, quando firma un’episodio del film “Eros”.

Nel corso della sua carriera Antonioni ha ricevuto innumerovoli premi. Da segnalare in particolare l’Orso d’oro al Festival di Berlino per “La notte nel 1961”, la Palma d’oro al Festival di Cannes per “Blow Up” nel 1967 e l’Oscar alla carriera nel 1995.

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