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Il cibo è anche lo specchio della società

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Ridurre il cibo al mero piacere della gola, significa rinunciare alla sua parte più preziosa: simboli e ritualità che attraversano il tempo senza pesantezza. Ma si può sempre imparare, in un posto unico al mondo, a Lugano.

La Biblioteca internazionale di gastronomia (B.IN.G), nata come Fondazione, è infatti un’istituzione di straordinaria rilevanza internazionale, poiché unica al mondo.

Situata a Lugano, a due passi dalla Cattedrale San Lorenzo e la Curia vescovile, la Bibilioteca continua ad essere la meta privilegiata dei pellegrini della gastronomia: studiosi e ricercatori per i quali tutte le strade portano a Lugano.

L’appassionata direttrice e curatrice fin dalla nascita è Marta Lenzi, un’economista approdata nel mondo della gastronomia quasi per caso, animata da una curiosità e da uno spirito di scoperta che gli sono valsi numerosi riconoscimenti. Il 14 ottobre a Francoforte ha ricevuto un “Gourmand Special Awards” per il catalogo del Fondo Italiano e Latino di Gastronomia.

Un universo, tante dimensioni

Snella, occhi vivacissimi e le labbra disegnate da un rossetto vermiglio, la incontriamo mentre controlla la scenografia nel piccolo spazio dedicato alla biblioteca nel quadro della rassegna culturale, organizzato ogni mese di ottobre dalla città di Lugano. Insomma, un po’ di atmosfera per conciliare la dimensione trasversale della gastronomia.

“Nella B.IN.G. – ci tiene a puntualizzare Marta Lenzi – la gastronomia è intesa in una accezione ampliata e articolata: un’area franca del sapere dove, a pieno titolo, possono coesistere scienza e discipline diverse, purché si occupino ovviamente di cibo e di alimentazione. Custodiamo dunque testi di dietetica, igiene, agricoltura, viticoltura, galateo, storia dell’alimentazione, ricettari, libri di rappresentazione di feste, banchetti e altro ancora”.

In una parte di mondo dove l’eccesso del cibo diventa un problema, dove la genuinità dei prodotti è soffocata da abitudini alimentari contrastanti e da regole di mercato che condizionano il rapporto con il cibo e impoveriscono una parte del pianeta, recuperare il senso filologico della gastronomia può costituire una scoperta. Non solo come conoscenza storica, come esperienza sensoriale e come forma di piacere, ma anche come fattore economico.

Ticinese il primo cuoco moderno della storia

Trattandosi di un fondo antico – che richiede quindi una gestione particolare – l’accesso alla biblioteca avviene su appuntamento e su presentazione; ciò non significa, tuttavia, che sia una “turris eburnea” impenetrabile. Le porte si sono infatti aperte molte volte accogliendo laureandi provenienti da facoltà molto diverse: architettura, medicina, storia, biologia.

La B.IN.G., del resto, coltiva accuratamente le relazioni con il pubblico e Marta Lenzi riveste in fondo il ruolo di ambasciatrice della memoria e del gusto. “Lo scopo più importante della fondazione – puntualizza la direttrice a swissinfo – è proprio quello di far conoscere un sapere gastronomico antico, un patrimonio storico e culturale che fa parte della nostra civiltà europea”.

Si vengono così a scoprire fatti, volti e persone che la storia aveva gelosamente custodito nelle sue carte: il primo cuoco moderno della storia, Maestro Martino, è un ticinese, che nel Rinascimento era al servizio nello Stato di Milano. Mantenere vive le radici delle origini, studiare la gastronomia contemporanea sulla base delle conoscenze antiche, significa quindi recuperare saperi utili anche ai nostri giorni.

La gastronomia, in questo senso, assume un rilievo fondamentale nella testimonianza di usi e costumi, di abitudini e convenzioni sociali. “Il linguaggio del cibo – osserva Lenzi – è un codice complesso, che coinvolge etica, simbologia, ritualità, e si configura come espressione di una identità a volte personale, ma soprattutto di gruppo”.

Vivere per mangiare o mangiare per vivere?

Guardando ai dati della salute pubblica dei paesi industrializzati, le bilance sono sull’orlo del collasso, se non già ampiamente collassate: si mangia troppo, si mangia male, si ingurgitano quantità impressionanti di cibo senza gustare praticamente nulla.

“Nella storia – spiega Marta Lenzi – il rapporto con il cibo è un alternarsi di abitudini molto differenti tra loro, addirittura contrastanti. Le abbuffate ci riportano ai tempi dei romani e l’esempio più classico è la cena del Trimalcione”. Nella descrizione di Petronio, Trimalcione – rozzo e grossolano nuovo ricco – doveva sicuramente avere uno stomaco senza fondo.

“Nel Medioevo – continua la direttrice della biblioteca – il rapporto con il cibo è totalmente rovesciato: non si parla mai di godimento, ma unicamente di alimentazione come mezzo per curare il corpo secondo criteri medici ed igienisti: ci si alimenta per vivere e non il contrario. Oggi stiamo cominciando a recuperare alcuni di questi valori”, che consentono anche una valorizzazione del gusto.

Più cibo per tutti con la Rivoluzione francese

Nella storia della gastronomia, anche la presa della Bastiglia – che il 14 luglio 1789 segna una data memorabile – ha un peso determinante, rivoluzionario: il cibo, fino ad allora generosamente e copiosamente presente sulle tavole imbandite delle corti e dei ricchi, diventa più democratico.

“Prima della Rivoluzione francese – conferma Marta Lenzi – c’era un abisso tra quello che mangiava il ricco e quello che spettava al povero. Nelle novelle del Decameron, per esempio, Giovanni Boccaccio raccontava che gli intellettuali dovevano accontentarsi di mangiare i resti lasciati dai ricchi”. I poveri non avevano nemmeno quelli.

La Rivoluzione francese, dunque, come spartiacque nella distribuzione più equa e più equilibrata del cibo. Un equilibrio, oggi, tutt’altro che acquisito. Nel mondo ogni anno muoiono di fame 7 milioni di bambini: ventiseimila ogni giorno. Una strage silenziosa.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

La Biblioteca internazionale di gastronomia nasce come Fondazione nel 1992 grazie all’iniziativa e alla passione di Orazio Bagnasco.

Ha come obiettivo quello di garantire la conservazione e la consultazione da parte degli studiosi di un vasto e patrimonio bibliografico che illustra la gastronomia nella sua ampia accezione di dietetica, igiene, agricoltura, viticoltura, galateo, storia dell’alimentazione.

È composta di circa 4000 testi, manoscritti e a stampa, compresi tra il XIII e il XIX secolo; il fondo documentario custodisce anche ricettari, libri di rappresentazione di feste, banchetti, riti e poesie in tema di alimentazione. I documenti sono nelle lingue italiana, latina, francese, tedesca, inglese, spagnola, portoghese a cui si aggiungono anche esemplari di cultura olandese, svedese, russa e giapponese.

La biblioteca vanta alcuni fra i più interessanti manoscritti: il “Tacuinum Sanitatis” splendidamente miniato del XV secolo, esemplare ancora sconosciuto agli studiosi; il “Libreto de tutte le cosse che se magnano” del XV secolo, interessante esemplare di presentazione da parte dell’autore Giovanni Michele Savonarola.

Tra le rarità anche l’incunabolo della prima versione del “De honesta voluptate et valetudine” del Platina (1475), sulla quale si può leggere una nota che cita per la prima e unica volta il nome di Rubro Comensi, identificato poi come il bleniese Martino De Rossi, padre della moderna cucina.

Gastronomia (dal greco gastèr = ventre e nomìa = legge) è l’insieme delle tecniche e delle arti culinarie. Con gastronomia si intende quindi lo studio della relazione tra cultura e cibo ed è pertanto una scienza interdisciplinare che coinvolge biologia, agronomia, antropologia, storia, filosofia, psicologia e sociologia.

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