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Il ritorno tra le Alpi di un uccello diventato un fantasma

Il più grande uccello dell’arco alpino, il gipeto barbuto era stato sterminato nel XIX° secolo in molti paesi. Dagli anni ’80 questo avvoltoio viene reintrodotto in Svizzera, Italia, Francia e Austria, ma rimane una specie vulnerabile. 

Oggi nell’arco alpino vi sono circa 200 gipeti barbuti, di cui una dozzina di coppie di riproduttori in Svizzera. Questa specie era completamente scomparsa alla fine del XIX° secolo: i gipeti sono stati deliberatamente decimati e infine sterminati per ignoranza e per ragioni di concorrenza, ricorda l’Istituto ornitologico svizzero. 

Ai tempi si pensava che questi volatili, con un’apertura alare di 2,5 – 2,8 metri, fossero dei grandi predatori, capaci addirittura di portar via agnelli e altri animali domestici di piccola taglia. Venivano perfino chiamati “avvoltoi degli agnelli”. 

In realtà, i gipeti si nutrono delle carcasse, in particolare delle ossa e del midollo osseo, di ungulati selvatici, come camosci o stambecchi, come pure di animali da allevamento, come bovini o ovini, abbandonati morti al pascolo. 

“È fantastico osservarli perché sono molto curiosi – a volte volano da cinque a dieci metri sopra la testa!”, dichiara Raphaël Arlettaz, responsabile della biologia della conservazione presso l’Università di Berna e appassionato di gipeti barbuti. “Bisogna immaginarsi un uccello con un’apertura alare di quasi tre metri che vola a così poca distanza. Penso che ogni svizzero dovrebbe viverlo una volta nella sua vita, e non dimenticherà mai che cos’ è un gipeto barbuto”. 

(Video: SRF/swissinfo. ch/jh)

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