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Antonio Ligabue, il “Van Gogh svizzero”

quadro di Antonio Ligabue
Autoritratto con moto, cavalletto e paesaggio (senza data, 1953-1954). Collezione privata ©

Il museo Lagerhaus di San Gallo dedica una mostra al pittore espressionista di origine italiana nato e cresciuto in Svizzera.

Cent’anni fa, quando fu espulso dalla Svizzera verso l’Italia dopo aver aggredito la donna che lo aveva avuto in affidamento, nessuno al di qua e al di là della frontiera si sarebbe mai sognato di attribuirsene la ‘paternità’.

Oggi, invece, Antonio Ligabue è il “Van Gogh italiano”, come qualcuno lo ha soprannominato. “Svizzero”, invece, se ci si pone in ottica confederata. Ed è proprio così che si intitola la mostra che si apre martedì al museo LagerhausCollegamento esterno di San Gallo e che potrà essere visitata sino al prossimo 8 settembre.

San Gallo celebra Antonio Ligabue:

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Nato nel 1899 nel cantone San Gallo da madre italiana e da padre sconosciuto, Antonio Costa assunse il nome del patrigno, Bonfiglio Laccabue. Una volta diventato adulto preferì farsi chiamare Ligabue, probabilmente per l’odio nutrito nei confronti del patrigno.

Dopo la morte della madre e di tre fratelli nel 1913 in seguito a un’intossicazione alimentare, il ragazzo fu affidato a una coppia di svizzeri. La sua infanzia e la sua adolescenza furono contrassegnate della povertà, da continui spostamenti, da una salute cagionevole (fu colpito da rachitismo) e, dal 1917, dai primi ricoveri in cliniche psichiatriche.

Espulso in Italia sebbene non conoscesse una parola d’italiano, Ligabue si ritrovò a Gualtieri, paese d’origine del patrigno. “Era straniero in Svizzera ed arrivò in Italia come straniero”, riassume la co-curatrice della mostra sangallese Monika Jagfeld.

È proprio a Gualtieri che iniziò a dipingere, dopo l’incontro con Renato Marino Mazzacurati. Sin dall’inizio la sua pittura si contraddistinse per l’amore per gli animali: leopardi, tigri o leoni. “Gli piacevano quasi più gli animali che le persone”, spiega Monika Jagfeld.

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Praticamente per tutta la vita, Ligabue non riuscì quasi mai a vendere le sue opere. “Scambiava molti dei suoi dipinti con cibo o altre cose”, ricorda l’altro co-curatore dell’esposizione Sandro Parmiggiani.

Dopo la Seconda guerra mondiale (e dopo altri ricoveri in altri istituti psichiatrici) l’attività artistica di Ligabue si fece più intensa e il mondo dell’arte iniziò ad interessarsi a lui. Nel 1961 fu organizzata la sua prima mostra personale a Roma. Un successo che forse ‘al matt’, come era soprannominato nel suo paese, non era mai importato. E che comunque poté appena gustare: morì il 27 maggio del 1965, all’età di 65 anni.

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