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L’ombra di brogli sul voto in Bangladesh

Scialli di donne in coda, che tengono in mano ognuna la sua carta d identità, viste di tre quarti
Elettrici (foto) ed elettori in code separate ai seggi. Copyright 2018 The Associated Press. All rights reserved.

Sono morte almeno 16 persone negli scontri ai seggi delle elezioni in Bangladesh, che si sono svolte domenica in un clima di violenza e minacce, con l'ombra di brogli sul voto. L'opposizione parla di "farsa" e chiede una nuova consultazione, respingendo la vittoria della premier Sheikh Hasina, che insieme ai suoi alleati ha ottenuto 288 seggi su 300.

La leader di Awami League, “lega del popolo bengalese”, conquista a 71 anni il quarto mandato. È il terzo consecutivo dopo un periodo al potere tra il 1996 e il 2001. Il voto era considerato un referendum su quello che i critici vedono come un governo sempre più autoritario.

Le violenze si sono registrate in tutto il Paese e 16 persone hanno perso la vita negli scontri avvenuti in 13 seggi tra i sostenitori del partito al potere e quelli del movimento nazionalista del Bangladesh.

“Intimidazioni e ritiri”

Gli attivisti denunciano diverse intimidazioni subite dai candidati, e l’Associated Press ha ricevuto oltre 50 segnalazioni di intimidazioni e minacce ai seggi da parte di elettori dell’opposizione, che sarebbero stati costretti a scrivere le loro preferenze davanti a uomini del partito al potere, all’interno del seggio.

Altri riferiscono di essere stati bloccati davanti alle urne, senza la possibilità di poter votare. “Abbiamo chiesto ai nostri funzionari di indagare” sugli incidenti avvenuti in diversi distretti, ha assicurato il presidente della commissione elettorale.

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Il leader dell’opposizione Kamal Hossain ha parlato di “farsa” in relazione al ritiro di almeno 100 candidati durante le votazioni. “Chiediamo alla commissione elettorale di dichiarare il voto nullo e di indire nuove elezioni con un governo apartitico”, ha detto Hossain.

Sheikh Hasina è criticata per il suo pugno di ferro ma è anche popolare in Bangladesh, grazie a un periodo di forte crescita economica e per aver liberato il Paese dall’immagine di nazione indigente e colpita da ogni calamità.

I critici la descrivono tuttavia come un’autocrate che ha represso l’opposizione con arresti di massa di dissidenti (tra i quali sei candidati alle parlamentari), sparizioni forzate e leggi museruola per la stampa.

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