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L’insegnamento online seduce le università svizzere

Keystone

I corsi online gratuiti e aperti a tutti stanno rapidamente varcando le frontiere statunitensi. In Svizzera, molti atenei stanno cercando di seguire la tendenza. Alcuni sono però scettici: questi corsi sarebbero solo un nuovo strumento di marketing e non avrebbero granché d’innovativo.

In gergo si chiamano MOOC, acronimo di Massive Open Online Courses, corsi di massa in linea aperti a tutti. L’anno scorso si è assistito a una vera e propria esplosione dell’insegnamento online. Desiderose di non lasciarsi sfuggire l’occasione, le più importanti università del mondo si sono affiliate a piattaforme come Coursera e Udacity, oppure hanno lanciato iniziative proprie.

Il Politecnico federale di Losanna (EPFL) è stato tra i primi atenei a proporre un MOOC. In giugno 2012, è entrato a far parte della rete Coursera, che riunisce 33 università. L’EPFL propone un corso di programmazione Scala, al quale partecipano 53’000 studenti, un numero cinque volte superiore al totale degli allievi che frequentano il campus.

Per il presidente dell’EPFL Patrick Aebischer, i MOOC costituiscono un potenziale «tsunami» nell’insegnamento universitario. Un’opinione condivisa da Karl Aberer, responsabile di questi corsi all’EPFL: «Sono praticamente sicuro che sfoceranno in un cambiamento fondamentale. Già oggi vi sono discussioni sulla necessità o meno di avere grandi sale di corso nel campus».

L’alta scuola di Losanna sta avanzando spedita. Un altro corso Scala è in programma in primavera. Inoltre sono previsti nuovi corsi di elaborazione numerica dei segnali, di programmazione Java e di matematica computazionale. L’EPFL intende introdurre ulteriori dieci corsi nell’autunno 2013.

Non perdere il treno

Anche le altre università svizzere non stanno a guardare. Il Politecnico federale di Zurigo (ETHZ) proporrà probabilmente dal prossimo autunno un corso su un tema non ancora definito. L’approccio dell’ateneo zurighese è comunque più prudente: la scuola si è data due anni di tempo per valutare la nuova tendenza.

Per Pablo Achard, vicerettore dell’Università di Ginevra, i MOOC riassumono gli attuali sviluppi nel mondo universitario, ovvero un’internazionalizzazione degli studi, un raggruppamento delle piccole università e la volontà di aprirsi a un nuovo pubblico.

L’ateneo ginevrino sta pure elaborando un corso, per le piattaforme Coursera o edX, e un annuncio in tal senso dovrebbe essere fatto nei prossimi mesi.

«Vi è un grande interesse per questi MOOC, in special modo negli Stati Uniti. È però ancora troppo presto per dire se si tratta di un cambiamento profondo nell’istruzione superiore o solo un fenomeno di moda», afferma Achard.

Pur non facendone una priorità, anche l’Università di Berna sta valutando la possibilità di utilizzare i MOOC per perfezionare l’insegnamento. Le Università di Zurigo, Basilea e Losanna non hanno invece per ora manifestato interesse.

All’Università di Losanna si sta procedendo su altri binari. Dal 2009, l’ateneo è partner di iTunes U, la piattaforma online della Apple, che può vantare migliaia di corsi proposti da centinaia di licei e università, come Yale, Berkeley e il MIT.

I «Massive Open Online Courses» (corsi di massa in linea aperti) esistono da qualche anno, ma sono veramente decollati nel 2012, con il lancio di Udacity e Coursera, due start-up dell’Università di Stanford, nella Silicon Valley. In seguito si sono aggiunti edX, realizzato da Harvard e dal MIT, e Futurelearn, basato in Inghilterra.

Nell’agosto 2012, quattro mesi dopo il suo primo corso online gratuito, Coursera contava un milione di utilizzatori, ripartiti in 190 paesi. Oggi i 215 corsi proposti dalle 33 università partner sono seguiti da più di due milioni e mezzo di studenti. Udacity ha dal canto suo circa un milione di utilizzatori.

Generalmente gratuiti, i MOOC permettono di diffondere l’insegnamento universitario nel mondo, attraverso una combinazione di corsi di alta qualità e il ricorso alle reti sociali. Non manca l’aspetto ricreativo, con dei giochi e dei quiz interattivi.

Motivazioni

Per molte università, la volontà di esplorare le possibilità dei MOOC è dettata da considerazioni economiche e dalle pressioni per aumentare la produttività.

Secondo Aberer, questi corsi possono servire a sperimentare nuovi metodi d’insegnamento. Inoltre il fatto di poter accedere a migliaia di partecipanti aprirà nuove strade alla ricerca e all’analisi di dati.

L’EPFL ha grandi ambizioni. Quest’anno Patrick Aebischer si è concesso un congedo sabbatico di sei mesi durante il quale si concentrerà sui MOOC. Per valutarne il potenziale, si recherà a Boston, San Francisco e in Africa.

Il presidente dell’EPFL è convinto che questi corsi online offrano un’opportunità unica per sviluppare l’insegnamento superiore in questo continente.

In un’intervista al giornale Le Temps, Aebischer ha sottolineato che in quanto università francofona l’EPFL ha una responsabilità da assumersi: «Oggi 220 milioni di persone nel mondo parlano francese. Si pensa che il loro numero passerà a 750 milioni nel 2050. La maggioranza dei francofoni sarà africana. Partecipare alla creazione di un curriculum universitario dedicato all’Africa francofona costituisce un progetto appassionante».

Non così innovativo

Non tutti sono però altrettanto entusiasti. Per alcuni, i MOOC sono poco più che una nuova opportunità di marketing.

Konrad Osterwalder, responsabile della sezione sviluppo didattico e tecnologia in seno all’ETHZ, ritiene che non vi sia nulla di particolarmente innovativo in questo genere di corsi e aggiunge che i prodotti e-learning ben fatti concepiti una decina di anni fa erano generalmente di migliore qualità.

«I MOOC sono solo un formato, tutto dipende da come lo si riempie. Ci possono essere buone cose. Da quello che ho visto, però, è più facile essere critici che trovare qualche perla», commenta.

Konrad Osterwalder ritiene comunque che l’aspetto comunità (soprattutto l’insegnamento peer-to-peer) e gli importanti volumi di dati a disposizione dovuti al grande numero di partecipanti siano degli sviluppi particolarmente interessanti.

Finora, le piattaforme esistenti sono state finanziate con capitali importanti, sia pubblici sia privati. Rimane però un interrogativo: come faranno le università a pagare la fattura? Qual è il modello d’affari ideale? Far pagare delle licenze, vendere dei dati che permettono a dei potenziali datori di lavoro di reclutare dei talenti oppure bisogna esplorare altre strade?

In Svizzera, dove le tasse universitarie sono notevolmente inferiori rispetto ai college americani, le aspettative sono diverse.

«Il nostro obiettivo non è di generare grandi entrate. Nel mondo accademico, la visibilità è molto importante. Se si è visibili, si riesce ad attirare buoni studenti, che accrescono la qualità della scuola e di riflesso si possono trovare nuovi sponsor», spiega Aberer.

Un altro punto in sospeso riguarda il riconoscimento ufficiale di questi corsi in linea. Attualmente la maggior parte non ha nessun credito. Tuttavia, si sta delineando un movimento verso un riconoscimento, principalmente negli Stati Uniti. Secondo Karl Aberer, in futuro si potrebbe pensare a dei centri per condurre dei progetti pilota e a degli esami online, controllati dalle università.

«È chiaro che se pubblichiamo un corso su internet non lo accreditiamo. Per poter beneficiare di un MOOC bisogna essere iscritti all’ETHZ, spiega Osterwalder. Penso però che ciò cambierà e sono certo che le discussioni continueranno. A un certo punto dovremo affrontare la questione del riconoscimento. Per il momento il dibattito è spinoso e la maggior parte delle università non vuole occuparsene seriamente».

I corsi elettronici non sono una novità nelle università. In Inghilterra, la Open University ha iniziato a proporre programmi di studio a distanza negli anni ’70. Le alte scuole americane ed europee pubblicano dei corsi su internet da più di dieci anni.

Tra il 1999 e il 2008, le università svizzere hanno dato vita allo Swiss Virtual Camps, un progetto costato 75 milioni di franchi per introdurre e incoraggiare l’adozione delle nuove tecnologie e dell’e-learning nell’insegnamento superiore. In linea con gli obiettivi iniziali, questa piattaforma nazionale è stata disattivata quando le università hanno potuto offrire i loro programmi di e-learning.

(traduzione e adattamento dall’inglese di Daniele Mariani)

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