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«Non fuma, non beve, non balla»

Luigi Di Maio arriva nella villa di Cernobbio dove si svolge il
Classe 1986, Luigi Di Maio (nella foto al suo arrivo a un forum economico organizzato a inizio settembre a Cernobbio) sarà molto probabilmente nominato capo politico del Movimento Cinque Stelle. Keystone

Luigi Di Maio, la nuova star del Movimento Cinque Stelle, cita volentieri Gandhi e ha un po’ di difficoltà con la grammatica e la geografia. Un ritratto di colui che sarà verosimilmente nominato questo fine settimana candidato premier dei Cinque Stelle del giornale svizzero tedesco Tages-Anzeiger.

I suoi avversari lo chiamano “Giggino”, piccolo Luigi, e da questo diminutivo traspare molto disprezzo, forse anche un’imperdonabile sottovalutazione. Si vedrà. Luigi Di Maio, 31 anni, di Pomigliano d’Arco, vicino a Napoli, due studi interrotti, sta per diventare il leader e il candidato di punta di quello che è probabilmente in questo momento il partito più forte in Italia, il movimento di protesta Cinque Stelle.

Come sua consuetudine, il partito organizza le elezioni primarie online. «Giggino» si vede già un passo più in là. Quando ha annunciato la sua candidatura, era talmente commosso da ciò che il destino gli aveva riservato, da citare Gandhi: «Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci». E con vittoria non intendeva questa tappa intermedia delle elezioni primarie, bensì quella finale. «Siamo ancora qui, più forti di prima. E ora dobbiamo completare l’opera: andiamo a Palazzo Chigi e facciamo risorgere l’Italia».

Oliver Meiler
Oliver Meiler è il corrispondente da Roma del quotidiano svizzero Tages-Anzeiger e di quello tedesco Süddeutsche Zeitung. Süddeutsche Zeitung

È un pronostico audace, forse avventato. La primavera prossima gli italiani saranno chiamati alle urne e se i Cinque Stelle persisteranno nel loro rifiuto di formare una coalizione con altri partiti, Di Maio non conquisterà il potere. Secondo i sondaggi più recenti, a livello nazionale il partito avrebbe circa il 28 per cento dei suffragi. È tanto, ma la maggioranza è ancora molto lontana.

Di Maio è il preferito di Beppe Grillo

Il risultato delle primarie sarà annunciato sabato. Di Maio è l’unico candidato di spicco. Nessun altro esponente di primo piano del movimento intende partecipare. Normalmente, un’elezione primaria è pensata per permettere di ponderare il peso delle diverse correnti e di fare emergere i migliori di un partito. Ed è proprio da un movimento ideologicamente così diversificato che ci si sarebbe potuti aspettare l’organizzazione di un confronto entusiasmante. In un certo senso «frizzante» (in italiano nel testo originale, ndr), eccitante. La leadership del partito non aveva però apparentemente voglia di farsi venire i brividi. Di Maio è il prescelto, il favorito di Beppe Grillo, fondatore e capo del giovane movimento, e di Davide Casaleggio, responsabile della società internet milanese che organizza tutte le elezioni del partito attraverso il suo server privato.

«Luigi e i Sette Nani», hanno così scritto i giornali. Anche alcuni intellettuali vicini al movimento hanno criticato quella che hanno definito una «situazione bulgara», una «faccenda combinata», una «svendita dell’identità originale».

“Il movimento originale, che aveva fatto della democrazia di base il suo tratto distintivo, diventerà un partito come gli altri, con una gerarchia chiara”.

Per permettere a Di Maio di candidarsi, Grillo e Casaleggio hanno modificato il regolamento interno, creando non pochi malumori tra la base. Finora i deputati contro cui era aperto un procedimento giudiziario erano esclusi dalle primarie. L’articolo 7 era considerato un comandamento non negoziabile, un imperativo morale, un segno distintivo unico nel panorama politico. Nei confronti di Di Maio sono però in corso due procedimenti per diffamazione e così il comandamento è rapidamente stato accantonato. Cosa non si farebbe per «Giggino». Da Grillo deve anche riprendere il ruolo di «capo politico» (in italiano nel testo originale, ndr). Di Maio deciderà chi figurerà sulle liste elettorali e soprattutto chi no. Il movimento originale, che aveva fatto della democrazia di base il suo tratto distintivo, diventerà un partito come gli altri, con una gerarchia chiara.

Il tesoro delle casalinghe

Questa trasformazione è voluta, si vuole diventare credibili, magari anche un po’ noiosi. Di Maio è la figura rassicurante del partito: sempre rasato di fresco, ben pettinato, completo blu marino, cravatta. «Non fuma, non beve, non balla», ha scritto La Stampa. Di Maio si esprime in modo tagliente ma non troppo assennato, quanto basta però per i talk show televisivi. Lo hanno soprannominato anche il «democristiano dei Cinque Stelle»; linea conservatrice, legalità e ordine, duro coi migranti, moderato sulle questioni economiche ed europee. Di Maio non è tra coloro che vogliono fare uscire l’Italia dall’euro. Ed è anche per questo che è ben visto dagli imprenditori, in ogni caso meglio rispetto ai suoi colleghi di partito. Il suo fascino un po’ da secchione fa breccia però soprattutto tra le casalinghe. Non gliene vogliono neppure quando stravolge i congiuntivi. Talvolta la sua cultura generale rivela lacune sorprendenti, soprattutto per qualcuno che si crede capace di ridare prosperità all’Italia. Una volta ha confuso il Cile con il Venezuela, facendo ridere mezza Italia.

Questo non ha però rallentato la sua ascesa. Prima di entrare in politica, Di Maio ha lavorato come steward allo stadio San Paolo di Napoli, come cameriere e riparatore di computer. Da studente, ha provato dapprima ingegneria, poi giurisprudenza, entrambe le volte con poca fortuna.

I Cinque Stelle offrivano un’opportunità di carriera in versione turbo: dal nulla direttamente in parlamento. A Di Maio il salto è riuscito nel 2013. Eletto alla Camera dei deputati, è riuscito a farsi nominare a uno dei quattro posti di vicepresidente, con uno staff personale e un budget. Aveva solo 26 anni, ma indossava un completo e una cravatta, come l’élite, mentre i suoi colleghi si sentivano più a loro agio con vestiti casual, in contrasto con l’odiata élite. «Giggino» era più pragmatico e aveva probabilmente già in mente Gandhi. 

Traduzione dal tedesco di Daniele Mariani

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