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Conoscere meglio i barometri del clima mondiale

Tra il 2004 e il 2005 la regione artica ha perso il 14% dei suoi ghiacci Keystone

In occasione dell'Anno internazionale dei Poli, l'Organizzazione mondiale della meteorologia, con sede a Ginevra, lancia il più vasto programma di ricerca polare degli ultimi 50 anni.

Oltre 200 progetti sono lanciati in una sessantina di paesi per meglio capire il ruolo fondamentale dei Poli nell’equilibrio planetario. La Svizzera, apprezzato partner nella ricerca polare, si limita però a guardare.

Ai ritmi di inquinamento attuali, entro il 2070 la banchisa dell’artico sarà solamente un ricordo. Lo hanno predetto tre anni fa alcuni ricercatori dopo aver studiato le conseguenze dell’effetto serra e del riscaldamento climatico.

Da allora le grida di allarme si sono moltiplicate. Come quello della NASA – secondo cui tra il 2004 e il 2005 l’Artide ha perso una superficie pari alla Penisola iberica – oppure quello del Gruppo d’esperti intergovernativo sull’evoluzione del clima dell’ONU, che prevede il probabile scioglimento del ghiaccio artico tra il 2050 e il 2100.

Di che preoccuparsi. Ad essere minacciati non sono solamente orsi ed eschimesi, ma l’intero pianeta. Senza ghiaccio, nemmeno i tropici potranno sopravvivere.

Il 1. marzo, proprio per concentrarsi sul ruolo vitale delle regioni polari, viene lanciato l’Anno internazionale dei poli (International Polar Year, IPY). «Vogliamo saperne di più su questi barometri del clima mondiale, per ampliare le conoscenze sulle ripercussioni dei cambiamenti climatici sul pianeta», indica a swissinfo Mark Oliver, portavoce dell’Organizzazione meteorologica mondiale, promotrice dell’IPY assieme al Consiglio internazionale per la scienza.

«La nostra intenzione è pure di sensibilizzare l’opinione pubblica su Artide e Antartide e sul loro repentino mutamento», prosegue.

Svelare i segreti dei poli

Fino al marzo del 2009, l’ampia agenda dell’IPY (220 progetti) prevede di abbracciare numerosi ambiti scientifici, dalla fisica alla chimica, dalla biologia allo studio dell’impatto climatico sulle popolazioni artiche.

Esplorando anche nuovi territori ai due capi del mondo, i ricercatori coinvolti tenteranno di scovare le tracce del passato nelle profondità dei ghiacci, di spiegare la presenza della vita in situazioni estreme o ancora di illustrare la relazione tra la superficie dell’oceano e l’atmosfera.

«È il più vasto programma di ricerca polare degli ultimi 50 anni», osserva Oliver.

All’evento – i cui costi ammonteranno a diversi miliardi di dollari – saranno associate conferenze, esposizioni e manifestazioni, in particolare indirizzate ai giovani. Alcune scuole di Ginevra proporranno ad esempio ai loro alunni di avvicinarsi al mondo della ricerca polare per meglio capire le problematiche legate ai cambiamenti climatici, alla gestione del pianeta e allo sviluppo durevole.

La Svizzera sta a guardare

Nella lista dei paesi che prendono parte all’IPY 2007-2009 (una sessantina) non figura la Svizzera. Un’assenza che può sorprendere, considerata la decennale presenza elvetica ai poli e la reputazione in materia dell’Università di Berna e del Politecnico di Zurigo.

«Non prevediamo alcuna attività incentrata sull’IPY – ci conferma Urs Scherrer, presidente del Comitato svizzero per la ricerca polare – ma ciononostante continueremo a portare avanti i nostri progetti a lungo termine».

Per Heinz Blatter, esperto in glaciologia all’Istituto per le scienze atmosferiche e il clima dell’ateneo zurighese, la ragione della mancata partecipazione è semplice: «In Svizzera non disponiamo di alcun “Istituto nazionale per la ricerca polare”. In passato come oggi, in occasione dell’IPY, lo studio dei poli dipende così fortemente dall’iniziativa personale dei ricercatori».

«La nostra assenza non ci escluderà ad ogni modo dalla rete internazionale: in alcuni ambiti la Svizzera figura infatti tra i leader mondiali», puntualizza Urs Scherrer.

Altri ricercatori sono invece molto più critici. La Svizzera «starebbe a guardare» data l’insufficienza dei fondi destinati alla ricerca polare (200’000 franchi su 300 milioni annualmente stanziati dal governo per la ricerca scientifica).

Qualcuno si è spinto oltre, parlando di un certo individualismo che aleggia tra i ricercatori in Svizzera: ognuno sarebbe geloso del proprio progetto. E siccome l’IPY pone l’accento sulla collaborazione internazionale…

swissinfo, Luigi Jorio

Dalla prima edizione nel 1882, gli anni dedicati ai poli possono essere considerati come i primi grandi programmi scientifici internazionali.

Nel 20esimo secolo, l’IPY è stato organizzato a due riprese, nel 1932 e nel 1957. La terza edizione – associata all’Anno geofisico internazionale – ha dato il via alle ricerche in Antartide ed ha permesso di elaborare il Trattato Antartico, che definisce l’utilizzo delle regioni disabitate attorno al polo sud.

L’IPY 2007-2009, che coinvolgerà circa 20mila persone, si svolgerà in concomitanza con l’Anno internazionale del Pianeta Terra delle Nazioni Unite.

Da quasi un secolo, la ricerca svizzera contribuisce allo studio di Artide e Antartide con progetti e risultati di rilievo.

I ricercatori dell’Università di Berna hanno ad esempio ottenuto nuove informazioni sui gas ad effetto serra negli ultimi 650’000 anni analizzando il ghiaccio antartico a 3mila metri di profondità.

Nel 2006, la Svizzera ha celebrato i 50 anni della Spedizione glaciologica internazionale in Groenlandia, un’organizzazione per la ricerca polare promossa da scienziati elvetici.

Due anni prima, ha festeggiato i 20 anni del Comitato svizzero di ricerca polare ed è diventata membro della Commissione scientifica per la ricerca nell’Antartide.

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