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Esportazione armi, “Berna sia meno rigida”

Vista della fabbrica di aerei a Stans (Nidvaldo)
Vista della fabbrica di aerei a Stans (Nidvaldo) dove vengono prodotti i Pilatus PC-24 © Keystone / Christian Beutler

Il caso delle forniture di materiale bellico a paesi in conflitto è stato al centro del dibattito odierno alla Camera alta (Consiglio degli Stati) a Berna.


Due mozioni di impronta “borghese” chiedevano, più o meno direttamente, di consentire alla Pilatus di continuare a fornire i servizi di manutenzione agli aerei venduti all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi, paesi coinvolti nel controverso conflitto nello Yemen nel quale si contano migliaia di vittime civili e su cui peraltro è in corso un’inchiesta condotta dalla Procura federale. 

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In sostanza i due atti parlamentari adottati dagli Stati intendono promuovere un’interpretazione meno restrittiva della legge federale sulle prestazioni di sicurezza private fornite all’estero (Lpsp). Secondo la maggioranza dei senatori quelle norme sono state concepite per regolamentare l’attività delle società che offrono servizi di sicurezza privata in altri paesi, in particolare contractor (soldati privati) ma nella prassi vengono estese alle imprese esportatrici di armamenti, con grave danno per la competitività della piazza industriale elvetica.

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In particolare un testo chiede di autorizzare le esportazioni fino al futuro pronunciamento del Tribunale amministrativo federale o a un eventuale intervento normativo del parlamento.

L’altra mozione chiede che i servizi di manutenzione resi da imprese elvetiche che dispongano di specifica autorizzazione vengano esclusi dall’applicazione della contestata legge.

Va comunque sottolineato che il fabbricante Pilatus è stato oggetto di denuncia penale al Miistero pubblico della Confederazione da parte del Dipartimento federale degli affari esteri per non aver segnalato correttamente le sue attività nella penisola arabica, in particolare riguardo al presunto supporto logistico offerto all’esercito di Riad.

Mentre l’azienda nidvaldese, che ha ricorso al Tribunale amministrativo federale contro il divieto governativo di proseguire le sue attività nei due paesi, ha ottenuto l’effetto sospensivo dalla corte e continua ad operare regolarmente. La vicenda è quindi destinata a protrarsi per ancora molti mesi.    

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