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L’uomo che cammina fra i binari

«Malgrado i tanti anni trascorsi da solo in alta montagna, so ancora apprezzare il valore della compagnia». swissinfo.ch

Bruno Ferrari da dieci anni è guardalinee della ferrovia del Bernina. Trascorre le sue giornate a 2256 metri di altitudine. Ritratto di un uomo solitario, schivo e felice.

Il viso segnato dal sole, dal vento, dal freddo. La giacca nuova, il cappello ben calato in testa, la pala arancione in spalla e la torcia elettrica nella mano sinistra. Bruno cammina fra le rotaie. Cammina, osserva, ascolta, fischietta, canta, fuma e parla. È una simpatica compagnia in un paesaggio di neve e di ghiaccio, fra i binari della linea del Bernina.

Guardalinee a 2256 metri

Bruno Ferrari, da dieci anni, fa il guardalinee fra le stazioni di Lagalb e Cavaglia e abita alla stazione dell’Ospizio Bernina, a 2256 metri sul livello del mare. Conosce questo percorso come le sue tasche. Partiamo alla mattina presto. A volte si ferma, si accende una sigaretta, si guarda attorno e ascolta. «So a memoria l’orario del treno, ma è meglio accertarsi che non ci sia una corsa speciale prima di entrare in galleria, altrimenti si rischia la pelle», racconta.

Poi entriamo nella Galleria Lunga. Il nero di pece ci inghiotte: viene tagliato soltanto dalle sciabolate di luce della sua torcia elettrica. Camminiamo nel nulla. «In questa nicchia – indica a un certo punto – mi rintano a fumarmi una sigaretta nelle mattine di tormenta. È la mia isola di pace. Mi riscaldo un po’ e poi proseguo».

«Ci vuole temperamento per resistere quassù. Devi essere più forte della natura. A volte succede, quando il vento soffia da nord, di arrivare in fondo al rettilineo, prima di affrontare la discesa, di aver già la schiena completamente gelata. Altre invece, quando è il vento da sud a sferzare questo paesaggio deserto, capita di ritrovarti con il viso scorticato».

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Solo e importante

In cima al passo è solo. Nelle mattine di bufera, di neve e di freddo, sta a lui decidere cosa è necessario per garantire il passaggio del treno. Dalla finestra della cucina cerca nel buio con la torcia elettrica la banderuola. Deve capire dove si è accumulata la neve questa notte, se è necessario telefonare alle stazioni di Samedan e Poschiavo per fare intervenire la fresa o se è una normale giornata di routine: controllare le lingue e le candele di ghiaccio nelle gallerie, individuare rotture o malfunzionamenti dei binari, osservare gli accumuli di neve, liberare e oliare gli scambi, togliere la neve dal marciapiede della stazione all’Ospizio Bernina.

«Io non cerco i complimenti per l’attività che svolgo. Mi fa piacere però quando viene riconosciuta l’importanza del mio lavoro e quando i capi mi ringraziano e mi fanno capire che apprezzano ciò che faccio».

Bruno è un tipo solitario e schivo. A volte scende nel fondovalle per scambiare quattro chiacchiere con la gente del paese. «Vado a Poschiavo, per sapere le ultime novità. Ma giù la gente mi fa sempre le stesse domande. Così, annoiato rispondo con mezze frasi».

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Heidi

Ma proprio solo non è. Vive con Heidi la sua morosa. Ne parla spesso e rievoca le piccole cose importanti della vita in comune: il profumo della casa, il pranzo pronto nel forno, la compagnia alla sera davanti al fuoco o al televisore, il futuro insieme.

«Malgrado i tanti anni trascorsi da solo in alta montagna, so ancora apprezzare il valore della compagnia», confida.

Bruno racconta, con malcelato orgoglio, che nell’attesa del ritorno della fidanzata prepara la cena e fa il bucato. «So cosa significhi vivere quassù. So che non è facile. Anche Heidi ama questo posto, ma credo sia importante che la aiuti nelle piccole faccende domestiche».

«Quando torni a casa dal lavoro con le mani dure di freddo, il viso pelato dalla bufera, i vestiti di cartone e ti ritrovi in casa con la sola compagnia del sibilo del vento, del crepitio del fuoco nella stufa è facile perdersi d’animo».

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La natura

Degli amici uomini non parla molto. Sono gli animali a seguirlo durante la sua giornata solitaria. Li guarda con rispetto e ammirazione. Quest’inverno ha perso un amico, un camoscio azzoppato. «Lo salutavo ogni mattina all’uscita della Galleria Lunga, poco dopo il crinale del passo. Lo illuminavo con la torcia elettrica e l’animale sembrava apprezzasse questo gesto. Rimaneva immobile e quando lo lasciavo, credo, mi seguisse con lo sguardo mentre proseguivo il mio cammino».

Un altro amico è l’ermellino: lo osserva tutti i giorni quando viene a piluccare i resti di cibo che lui gli fa trovare sul davanzale. Oppure l’uccellino che l’estate scorsa gli ha fatto il nido dietro l’anta della finestra della cucina. È rimasto lì durante tutta la covata e lui ne ha apprezzato la compagnia.

La montagna

Parla naturalmente anche della montagna con cui ha un rapporto di amore e odio. «A volte, ne ho abbastanza della montagna. Non ne posso più. Rimango quassù ancora alcuni anni, poi me ne vado al piano. Sono stufo del vento, della bufera e della neve».

Ma a 2300 metri di quota la natura aspra, dura, imprevedibile e spietata gli ha insegnato molto. Bruno la osserva, la ascolta, la rispetta e la ammira. «Per svolgere le mie attività devo essere più forte della natura, ma non devo sfidarla. Farsela nemica, significa soccombere in cima al passo del Bernina», afferma.

Bruno deve uscire anche nella tormenta, non può rintanarsi al caldo. La sua presenza sulla linea del Bernina è indispensabile per permettere il passaggio del treno. «Basta una disattenzione o un ritardo e il treno potrebbe deragliare o rimanere bloccato nella bufera».

La montagna ingigantisce le difficoltà. L’acquerugiola in città, a duemila metri diventa una pioggia battente e fredda che ti gela fin dentro il midollo. «A volte, la gente vede solamente il lato bello della nostra professione. Ci immagina fermi in contemplazione, con la pala come sostegno. Dimentica in fretta invece i momenti trascorsi nella tormenta a liberare i binari dalla neve. In città basta ripararsi con l’ombrello. In cima al passo, il vento del tuo ombrello se ne fa beffe».

La vita

In cima al passo del Bernina Bruno resiste. Certe volte viene preso dallo scoramento, quando tutto sembra girare in senso inverso. In quei giorni vorrebbe mandare tutto al diavolo e andare altrove. Poi, il giorno dopo si alza e ritorna a vedere il bicchiere mezzo pieno, a pensare alla primavera, all’estate tanto bella lassù, alla sua Heidi e così si rinfranca.

Bruno, a un certo punto, si appoggia alla pala, si accende l’ennesima sigaretta e guarda il giorno che sta per nascere e osserva la Valposchiavo. In quel momento, nei suoi occhi si disegna la felicità. Bruno è un uomo felice. È un uomo che cammina fischiettando fra i binari della linea del Bernina.

È nato nel 1962 a Tirano in Italia. Ha frequentato le scuole in questa cittadina a pochi chilometri dal confine italo-svizzero con la Valposchiavo.

Si è innamorato in giovane età della montagna e dell’Ospizio Bernina, dove suo zio lavorava.

Dopo tre anni trascorsi con i carabinieri, ha risposto di nuovo al richiamo della Valposchiavo e dell’Ospizio Bernina.

Dal 1980 al 2000 è stato camionista presso la ditta Battaglia di Poschiavo. Le strade della Svizzera e dell’Europa e specialmente quella del Bernina sono diventate la sua casa.

È stato l’angelo custode del passo del Bernina. I valposchivini se lo ricordano specialmente nel suo elemento; alla guida dello spazzaneve verde. Pochi conoscono come lui cunette, buche, curve di questa strada che collega la Valle di Poschiavo con l’Engadina e il resto della Svizzera. Bruno trascorreva l’inverno in cima al passo del Bernina e manteneva la strada percorribile d’inverno e d’estate.

Da 2000 è guardalinee della Ferrovia retica all’Ospizio Bernina a 2256 metri.

D’inverno percorre a piedi la tratta fra le stazioni di Lagalb e Cavaglia. Controlla che non ci sia neve sui binari, lingue e candele di ghiaccio nelle galleria. Libera inoltre gli scambi e il marciapiede della stazione Ospizio Bernina dalla neve.

Alla mattina presto, quando il vento ha soffiato tutta la notte, deve valutare se è necessario far intervenire la fresa per liberare la linea dalla neve.

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