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L’occupazione di una chiesa mette in luce le falle del sistema di Dublino

Il 9 maggio, un migliaio di persone hanno protestato a Losanna contro il sistema di rinvio di richiedenti l'asilo verso un altro Stato. Keystone

Nel tentativo di evitare un rinvio verso l’Italia, da inizio marzo cinque richiedenti l’asilo occupano una chiesa protestante nella città di Losanna. Una protesta che mette in luce i limiti della convenzione di Dublino e i dubbi sul sistema di accoglienza italiano.

«I barconi stanno affondando. La Svizzera respinge i migranti». Le voci echeggiano  fuori dalla chiesa di Saint Laurent a Losanna. Muniti di cartelloni e bandiere – “Stop ai respingimenti di Dublino” – un migliaio di manifestanti si prepara a marciare verso il centro della città.

Il luogo dell’incontro non è casuale. Da inizio marzo, la sala della parrocchia protestante è stata occupata da un collettivo di militanti per proteggere cinque migranti, quattro eritrei e una donna etiope, da un’espulsione indesiderata.

La loro richiesta d’asilo non è infatti stata presa in considerazione dalla Svizzera che, sulla base della Convenzione di DublinoCollegamento esterno, ha decretato un ordine di rinvio. Il principio è semplice: in base a questo accordo europeo, ogni dossier dovrebbe essere trattato da un unico Stato, il primo in cui un richiedente ha depositato una domanda oppure è stato schedato. Per le autorità elvetiche, i cinque migranti dovrebbero dunque essere trasferiti al più presto in Italia, Norvegia e Svezia.

Gli attivisti, capitanati dall’associazione Collectif RCollegamento esterno, sostengono che si tratta di rifugiati legittimi e che i loro casi dovrebbero essere trattati dalla Svizzera. «Il sistema di Dublino non funziona. È assolutamente ingiusto. Assomiglia a una lotteria: si spostano le persone attraverso l’Europa come fossero merce. C’è un principio chiamato diritto all’asilo e le persone in questa chiesa dovrebbero vedere rispettato questo diritto», afferma Marc Gigase, portavoce dell’associazione. Il gruppo critica «l’atteggiamento cinico» della Svizzera di rinviare i richiedenti l’asilo in paesi come l’Italia, la Grecia e l’Ungheria, «dove rischiano l’indigenza».

«Se mi mandano via da qui, non saprei dove andare, dove dormire. Non conosco nessuno. La situazione in Italia è inaccettabile; è disumana», racconta Amar, uno degli occupanti della chiesa. 

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Il movimento ha chiesto alla Svizzera – «che fa figura di buona allieva nei casi Dublino» – di considerare una moratoria sui rinvii verso alcuni paesi. Secondo la Segreteria di Stato della migrazione, la Svizzera ha trasferito 20mila richiedenti l’asilo da quando ha aderito a Dublino nel 2008; 2’638 nel 2014, la metà dei quali in Italia.

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Nelle ultime settimane, l’occupazione della chiesa di St. Laurent ha guadagnato visibilità e sostegno.

A fine marzo, il parlamento del canton Vaud aveva votato contro un’applicazione rigida di Dublino e contro un’espulsione dei migranti dalla chiesa. E il 13 maggio ha esortato il governo cantonale ad attivare la cosiddetta clausola di sovranità prevista dalla Convenzione, che permetterebbe una rivalutazione di questi ed altri casi di rinvio verso l’Italia.

Le opinioni al riguardo però divergono.

«Non spetta alla Svizzera affrontare i fallimenti dell’Italia. Mantenere il mito di un Eldorado svizzero non risolve il problema», afferma Michael Buffat, deputato dell’Unione democratica di centro (destra-conservatrice) nel parlamento cantonale.

Philippe Leuba, ministro responsabile della migrazione nel canton Vaud e membro del Partito liberale-radicale (centro-destra), accusa gli attivisti di ingenuità. Non applicare gli accordi di Dublino sarebbe un atto non democratico e potenzialmente illegale, afferma.

«È falso sostenere che in Italia la barca è piena, mentre in Svizzera no», ha detto ai parlamentari. Stando ai dati di EurostatCollegamento esterno, che sono comunque da prendere con le pinze perché si basano su criteri diversi, la Svizzera è tra i paesi con il più alto tasso di riconoscimento dell’asilo e dell’ammissione provvisoria, uno statuto attribuito alle persone che non possono essere rinviate nel loro paese.

Emergenza profughi

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Negli ultimi anni, il numero di migranti che ha cercato rifugio in Europa è salito in modo esponenziale. Nel 2014, sono oltre 170mila i profughi sbarcati in Italia, tra i quali più di 10mila minori non accompagnati. La maggior parte è salpata dalla Libia per poi attraversare il Mediterraneo. E la tendenza è nuovamente in crescita: finora, sono almeno 51mila i migranti entrati in Europa via mare, di cui oltre la metà in Italia. Già accusata di non garantire un’accoglienza dignitosa ai profughi, la Penisola si trova ora di fronte a questa nuova ondata di arrivi e la situazione nel paese ha suscitato preoccupazione tra le organizzazioni di difesa dei migranti.

Nel novembre del 2014, una sentenza della Corte europea dei diritti umani ha intimato alla Svizzera di non rinviare in Italia una famiglia afghana, genitori e sei figli, senza prima aver ottenuto garanzie sulle condizioni di alloggio. Il trasferimento è stato eseguito nel mese di aprile di quest’anno, con l’accordo della stessa famiglia Tarakhel.

Ma le condizioni di accoglienza dell’Italia, così come quelle di Grecia ed Ungheria, restano preoccupanti.

«Le autorità italiane hanno grandi difficoltà nel garantire condizioni di accoglienza accettabili per le decine di migliaia di rifugiati e migranti sbarcati in Sicilia e in altri porti del sud del paese. (…) Rifugiati e richiedenti l’asilo, soprattutto minorenni, sono tuttora confrontati con un forte rischio povertà», si legge nell’ultimo rapporto di Amnesty InternationalCollegamento esterno.

«Con l’aiuto dell’UE, l’Italia ha creato 70mila nuovi posti di accoglienza, ma non basta», afferma Denise Graf, giurista ed esperta dell’asilo in seno alla sezione svizzera di Amnesty.

Futuro incerto

Nel tentativo di far fronte all’emergenza profughi e rispondere agli appelli degli Stati del Sud, il 13 maggio la Commissione europea ha proposto di accogliere 20’000 migranti nei prossimi due anni, da suddividere tra i paesi europei. La proposta non fa però l’unanimità: nei giorni successivi all’accordo, Gran Bretagna, Francia, Polonia e Ungheria hanno già annunciato la loro opposizione.

Stando all’agenzia dell’ONU per i rifugiati (HCR), nel 2014 sono oltre 219mila i profughi che hanno attraversato il Mediterraneo e almeno 3’500 hanno perso la vita in mare. Nei primi mesi del 2015, i morti sarebbero oltre 1’800.

Un quarto dei richiedenti proviene da Afghanistan, Eritrea e Siria e una percentuale analoga ha meno di 18 anni. 

Da parte elvetica, la presidente della Confederazione e ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga ha affermato che anche la Svizzera farà la sua parte. In che modo è però ancora da chiarire.

Quanto al governo del canton Vaud, ha deciso di non sospendere i rinvii Dublino verso l’Italia, ma ha accettato di verificare le condizioni di accoglienza sul posto prima di prendere qualsiasi decisione sui migranti della chiesa di Saint Laurent. Il pastore di Saint Laurent ha dal canto suo garantito che i richiedenti l’asilo potranno rimanere nella parrocchia il tempo necessario. «Il ruolo della chiesa è di accogliere i poveri e gli oppressi della società e di essere più generosi rispetto alla norma», ha dichiarato Jean Chollet.

La protesta e le offerte di aiuto hanno dato ai richiedenti l’asilo una nuova speranza. La loro situazione resta però in un limbo. «Sento che la mia vita sta cambiando grazie a queste persone che ci stanno aiutando», spiega Abraham. «Non so cosa accadrà domani, ma per lo meno oggi è tutto ok».

Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter

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