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La scena artistica basilese ripensa il rapporto con Art Basel

Atelier di Guido Nussbaum
Ogni anno in giugno, per sei giorni, Basilea si trasforma nella capitale mondiale dell'arte, o più precisamente del mercato dell'arte. Nell'immagine un'opera dell'artista Guido Nussbaum, che vive e lavora a Basilea. Thomas Kern

Art Basel, la più grande fiera d'arte del mondo, si è aperta giovedì e porta con sé una miriade di mostre, eventi e feste nella città svizzera sul Reno. Ma non tutti a Basilea sono entusiasti. Nel panorama artistico locale il mega evento suscita sentimenti contrastanti. Un numero crescente di artisti e galleristi afferma che ruota più intorno ai soldi che all'arte.

“Il denaro corrompe tutto”, afferma Nicolas KruppCollegamento esterno, un gallerista locale. “Dieci anni fa, 30 milioni di dollari erano una somma assurda per un’opera d’arte. Ora si vedono 300 milioni e chi paga 100 milioni di dollari per un BasquiatCollegamento esterno, è pazzesco”.

Art BaselCollegamento esterno è nata come iniziativa sperimentale di tre galleristi locali nel 1970. Nei primi due decenni, i visitatori potevano ancora essere sorpresi da interventi improvvisati di attivisti e da performance di artisti ai margini dell’iniziativa. A partire dagli anni ’90, la fiera si è consolidata come luogo privilegiato per galleristi e collezionisti tradizionali, mentre le gallerie più piccole e più giovani si sono riunite per creare alcuni spazi fuori dall’area espositiva, come ListeCollegamento esterno e VoltaCollegamento esterno. Ma ora, dopo vent’anni, anche queste sono ormai “istituzionalizzate”.

Art Basel 1989: nackte Aktivisten mischten sich unters Publikum
Art Basel 1989: all’epoca l’arte aveva ancora la precedenza sui soldi. Keystone

“Il concetto operativo di Art Basel segue una logica parassitaria”, afferma Daniel Kurjakovic, curatore capo dei programmi del Kunstmuseum BaselCollegamento esterno. I responsabili di Art Basel “si legano ai circuiti esistenti per creare l’illusione che si tratti di un corpo organico di iniziative artistiche. Ma non lo è”.

Art Basel ha incorporato nel suo programma molte altre esposizioni collaterali. Tra queste, progetti personali di giovani artisti emergenti (“Statements”), editori d’arte (“Edition”) e grandi installazioni e performance (“Unlimited”).

Daniel Kurjakovic, curatore capo del Kunstmuseum Basel
Daniel Kurjakovic, curatore responsabile dei programmi al Kunstmuseum di Basilea. Alain Kantarjian

“È possibile che Art Basel si trasformi eventualmente in un marchio di museo commerciale”, dichiara Roger M. Buergel, direttore del Johann Jacobs MuseumCollegamento esterno di Zurigo. Buergel, che è stato direttore artistico di Documenta 12Collegamento esterno nel 2007 a Kassel, in Germania, è rimasto al di fuori del circo commerciale artistico e non è per nulla intenzionato a visitare Art Basel.

Egli prevede che Art Basel si muoverà in una direzione simile a quella di altre istituzioni che prestano i loro marchi a istituzioni più lontane, come il Louvre di Parigi che sta creando una “filiale” ad Abu Dhabi. Art Basel nel 2002 ha installato una filiale a Miami Beach e nel 2013 ha dato il via ad Art Basel Hong Kong, per soddisfare i crescenti mercati asiatici.

Il potere del denaro

All’apertura delle porte della sua cinquantesima edizione, domani 13 giugno, Art Basel è ormai un indiscusso colosso capitalista. Ospita circa 300 gallerie da tutto il mondo, si estende su 27’500 metri quadrati di superficie espositiva e attira quasi centomila visitatori in soli sei giorni. Per la selezione delle gallerie partecipanti c’è una fortissima concorrenza e per assicurarsi uno spazio espositivo si devono sborsare molti quattrini. I prezziCollegamento esterno variano da 20’000 a 112’000 franchi a seconda delle dimensioni e della posizione nel padiglione espositivo della Fiera di Basilea.

Art Basel “è diventata sempre più simile al Forum economico mondiale (WEF) di Davos”, commenta Daniel Kurajovic, riferendosi al fatto che la fiera basilese dell’arte si è trasformata in un club selettivo che separa la ristretta cerchia di addetti ai lavori dalla massa di esclusi. Non c’è da stupirsi che pochissimi degli oltre quattromila artisti, le cui opere sono in mostra, saranno presenti: molti di loro sono già morti, ovviamente, ma comunque Art Basel non è un luogo di incontro tra artisti.

Guido Nussbaum, uno degli artisti più rispettati della scena basilese, nota che la copertura mediatica dell’arte in generale segue il mutamento commerciale degli ultimi decenni, rappresentato in modo significativo da Art Basel. L’evoluzione dei prezzi e l’arte come opzione di investimento sono passate in primo piano, afferma.

l artista Guido Nussbaum, Hégenheim (Francia)
Guido Nussbaum: “La focalizzazione di Art Basel sulla quantità mi dà il voltastomaco. Posso spiegare il perché: quando si fa un pasto con 20 entrate, 17 piatti principali e 35 dolci, si finisce col vomito. Certamente ci sono molte belle opere in mostra, ma è impossibile digerire tutto questo. Anche molti miei lavori sono stati venduti nella fiera, e temo che il mio lavoro sia diventato molto vantaggioso per essa. Ma il punto è che questa quantità assurda di opere conduce a una certa insensibilità per l’arte”. Thomas Kern

Peggio ancora, dice Nussbaum, l’ecosistema di Art Basel ha contribuito a portare alla più ampia comprensione dell’arte come mera merce. Il valore monetario viene prima di tutto e il contenuto è secondario, trasformando così le mostre in specchi dell’economia di mercato, delle sue depredazioni e dei giochi di vanità.

“L’attenzione di Art Basel alla quantità mi dà il voltastomaco”, dice senza mezzi termini. “Questa quantità travolgente porta a una certa insensibilità verso l’arte”.

Per Nicolas Krupp, questa espansione fa parte di un movimento più ampio nel mondo dell’arte. “L’intera scena artistica si sta espandendo”, rileva. “Guardate, per esempio, i musei d’arte di Basilea, Zurigo e Losanna: tutti costruiscono nuove ali. Non so davvero dove andrà a finire tutto questo”.

In termini di opportunità di networking, però, Basilea è imbattibile, specialmente per i giovani artisti emergenti, come Julia Steiner. Originaria di Berna, ha traslocato a Basilea sette anni fa.

Julia Steiner, davanti alla sua installazione all Helvetia Art Foyer
Julia Steiner dinanzi alla sua installazione “Borrowed Light”, all’Helvetia Art Foyer a Basilea. Thomas Kern

Ma Art Basel non è stata la ragione principale del suo trasferimento. La giovane cita piuttosto l’atmosfera rilassata della città, gli alloggi a prezzi relativamente accessibili, la vicinanza alla Francia e alla Germania e le numerose opportunità di finanziamento offerte dalla città, dal cantone e da altre istituzioni locali come il KunstkreditCollegamento esterno. C’è molta meno concorrenza per i finanziamenti che a Zurigo, fa notare. Nella serie di motivi per trasferirsi a Basilea, Art Basel è collocato all’ultimo posto.

Anche Julia Steiner beneficia indirettamente della fiera. Ha appena terminato un’opera realizzata appositamente per lo spazio artistico presso l’Helvetia Art Foyer, di proprietà di una compagnia di assicurazioni svizzera, dove questa settimana si svolgerà un forum sull’arte, in occasione di Art Basel

La fiera e la sua città

Se Art Basel è riuscita ad assumere un ruolo guida nelle fiere d’arte internazionali, lo deve soprattutto al fatto di essere insediata in un centro d’arte così vivace.

“La crescita di Art Basel non ha alcun influsso sulla scena artistica locale”, sottolinea Krupp. “Avere una galleria qui a Basilea non rappresenta nemmeno un vantaggio per ottenere un posto all’interno della fiera”.

La sua galleria si trova a mezzo isolato dalla Fiera di Basilea, dove egli ha uno stand espositivo. Krupp non si è mai pentito di essersi stabilito nella sua città natale invece di trasferirsi con il suo commercio d’arte a Zurigo.

Nicolas Krupp, gallerista basilese.
La galleria di Nicolas Krupp è stata frutto di LISTE, uno spazio parallelo ad ArtBasel dedicato alle giovani gallerie. “In questi vent’anni di attività, ho visto enormi cambiamenti nel mercato dell’arte. Ma la scena di Basilea non è cambiata molto”. Thomas Kern

“A Basilea ci sono grandi musei, grandi collezioni, un sistema politico stabile, una moneta stabile, infrastrutture eccellenti”, rileva. “Eppure è un villaggio”.

Nella sfera pubblica, questo “villaggio” ospita alcune delle istituzioni artistiche più prestigiose del mondo: Ci sono la Fondazione BeyelerCollegamento esterno, anch’essa in espansione, il Kunstmuseum e la sua ala contemporanea, il Museo TinguelyCollegamento esterno, la KunsthalleCollegamento esterno, il Vitra Design MuseumCollegamento esterno, lo spazio espositivo dell’Istituto d’arte TANKCollegamento esterno, il Museo di Arte anticaCollegamento esterno e la House of Electronic ArtsCollegamento esterno, solo per citarne alcuni.

Fino a poco tempo fa la fiera poteva utilizzare liberamente gli spazi pubblici e molte istituzioni pubbliche collaboravano con Art Basel senza molte precondizioni. Ma ora hanno dovuto riconsiderare questa cooperazione, perché Art Basel si è sempre più allontanata dalle sue origini e dalla vita cittadina.

Le istituzioni pubbliche hanno iniziato ad adattarsi di conseguenza. “Non possiamo più fare le cose gratis”, osserva Kurjakovic, che ha anche il compito di negoziare la collaborazione del Kunstmuseum con Art Basel. “Dobbiamo ottenere qualcosa in cambio”.

“I nostri incontri non hanno nulla di artistico, sono puri affari: questo è il linguaggio di Art Basel ed è dunque la lingua che parliamo con loro e che ha funzionato piuttosto bene per entrambe le parti”.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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