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Maxi retata contro la mafia a Messina

carabinieri con mitra spianato
Le forze dell'ordine italiane (foto d'archivio) hanno inferto un duro colpo all'agromafia siciliana. Keystone / Francesco Saya

Carabinieri e Guardia di Finanza hanno arrestato mercoledì 94 persone sospettate di essere legate a clan mafiosi impiantati nella città siciliana.

All’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, hanno partecipato oltre 600 militari dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

Le forze dell’ordine hanno arrestato 94 persone, 48 delle quali sono state messe agli arresti domiciliari. In tutto gli indagati sono 194. L’inchiesta ha portato anche al sequestro di 150 aziende.

In cella sono finiti i vertici delle famiglie mafiose dei Batanesi e dei Bontempo Scavo, gregari, estortori e “colonnelli” dei due clan storici dei Nebrodi. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, truffa aggravata, intestazione fittizia di beni, estorsione, traffico di droga. L’indagine coinvolge anche imprenditori e professionisti insospettabili come un notaio accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Il servizio del TG:

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Le mani dei clan sui fondi UE

I clan sono accusati in particolare di avere intascato indebitamente fondi europei per oltre 5,5 milioni di euro, attraverso centinaia di truffe ai danni dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), l’ente che eroga i finanziamenti stanziati dall’UE ai produttori agricoli.

Truffe che hanno causato un “gravissimo inquinamento dell’economia legale” e hanno privato “di ingenti risorse pubbliche gli operatori onesti”, scrive il giudice delle indagini preliminari che ha disposto gli arresti.

La truffa si basava sulla individuazione di terreni “liberi” (quelli, cioè, per i quali non erano state presentate domande di contributi). A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano i dipendenti dei Centri commerciali agricoli (Caa, che istruiscono le pratiche per i contributi) che avevano accesso alle banche dati. La disponibilità dei terreni da indicare era ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti di affitto con prestanome dei mafiosi o attraverso atti notarili falsi. Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che poi venivano accreditate al richiedente prestanome dei boss spesso su conti esteri.

“La percezione fraudolenta delle somme – scrive il gip, citato dall’Ansa – era possibile grazie all’apporto compiacente di colletti bianchi, collaboratori dell’Agea, un notaio, responsabili dei centri Caa, che avevano il know-how necessario per procurare l’infiltrazione della criminalità mafiosa nei gangli vitali di tali meccanismi di erogazione di spesa pubblica e che conoscevano i limiti del sistema dei controlli”.

Il video dell’operazione diffuso dai Carabinieri:

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