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“L’Iran è poco conosciuto e incompreso″

L'Iran festeggia nel 2009 il trentesimo anniversario della rivoluzione islamica Keystone

Trent'anni fa lo scià era fuggito dall'Iran in seguito all'ascesa al potere dell'ayatollah Khomeiny, instauratore della Repubblica islamica. Bandito dall'Occidente, per l'Iran si profilano all'orizzonte possibili cambiamenti.

La nomina di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti e le elezioni in Iran nel prossimo mese di giugno, potrebbero costituire le premesse per l’avvio di una nuova stagione.

Se così fosse, la Svizzera porrebbe fine a trent’anni di buoni uffici a Teheran, dove ha rappresentato gli interessi americani. Ex ambasciatore svizzero in Iran – attualmente in congedo dal servizio diplomatico – Tim Guldimann segue con molta attenzione gli sviluppi nella regione.

swissinfo: Quest’anno la rivoluzione islamica festeggia trent’anni. Che cosa cerca l’Iran?

Tim Guldimann: Il rispetto e il riconoscimento – da parte dell’Occidente e soprattutto degli Stati Uniti – del suo ruolo di potenza regionale. L’Iran si è collocato in una situazione di reiezione per diversi motivi, tra cui l’assalto all’ambasciata americana nel 1979, la rivoluzione islamica e le violazioni dei diritti dell’essere umano.

Se paragoniamo l’Iran ad altri paesi, specialmente a livello dei diritti umani e della democrazia, ci sono oggettivamente tutte le ragioni per pensare che è un paese poco conosciuto e incompreso. L’Iran è certamente confrontato con contraddizioni e difetti, ma sarebbe importante riconoscergli il ruolo che gli spetta, perché ha un grande potenziale.

swissinfo: Polemiche sul nucleare, lancio del primo satellite. Si moltiplicano i timori sullo sviluppo dell’arsenale militare.

T. G.: Ufficialmente l’Iran nega qualsiasi legame tra il suo programma nucleare e quello militare. È chiaro che certi sviluppi suscitino dubbi e timori. Ciò che ritengo importante è l’orgoglio di questo paese che vuole mostrare alla sua gente e al mondo di essere all’altezza anche in campo tecnologico.

Basti ricordare lo shock provocato dallo “Sputnik”: l’Unione sovietica aveva voluto mostrare che era una grande potenza. L’Iran, con il lancio del suo primo satellite, fa lo stesso.

swissinfo: Dobbiamo avere paura dell’Iran?

T. G.: Non è l’Iran ad essere pericoloso, ma un confronto con l’Iran. Un aumento delle pressioni potrebbe spingere il paese a sviluppare davvero il nucleare a scopi militari e, dunque, renderlo pericoloso. Personalmente non temo le intenzioni iraniane.

swissinfo: Perché le relazioni con la comunità internazionale sono così tese?

T. G.: È soprattutto un atteggiamento occidentale. La Russia, per esempio, gioca un ruolo diverso, malgrado le relazioni tra i due paesi siano molto difficili per ragioni storiche. Mosca afferma di non avere paura del nucleare iraniano, sebbene abbia votato le sanzioni dell’ONU dopo che l’Iran aveva annunciato di non bloccare il processo di arricchimento dell’uranio.

Anche la Cina si preoccupa di un’eventuale corsa all’armamento nucleare nella regione e in altri paesi arabi, ma le cose non sono cosi semplici e non si può dunque affermare che tutta la comunità internazionale sia contro l’Iran.

swissinfo: Si pensa di associare l’Iran agli sforzi di stabilizzazione in Afghanistan e Obama afferma di preferire “un approccio diplomatico”. Il vento sta cambiando?

T. G.: È quanto Barack Obama ha effettivamente annunciato, ma non bisogna sottovalutare i danni causati dall’amministrazione Bush. Per l’Afghanistan, l’Iran ha mostrato un atteggiamento costruttivo dopo l’11 settembre, fino a che non si è ritrovato inserito nell’asse del male (con l’Iraq e la Corea del Nord, ndr) su decisione di Washington.

Per tre mesi Teheran ha fornito un sostanziale contributo agli sforzi occidentali in Afghanistan: al momento dell’attacco americano contro i talebani e in occasione della conferenza di Bonn per l’insediamento del governo di Hamid Karzaï.

La poca gratitudine mostrata dagli USA ha indispettito l’Iran. Non deve dunque stupire se si mostra reticente nell’aiutare gli occidentali. Detto questo, Teheran e Kabul hanno interesse a coltivare rapporti di buon vicinato. Non escluderei, dunque, un cambiamento di atteggiamento da parte iraniana se la comunità internazionale, e in primis gli USA, gli riconoscano il ruolo spettato.

swissinfo: Il 12 giugno si terranno le elezioni presidenziali, con la candidatura dell’ex presidente riformista Mohammed Khatami. Una sua elezione cambierebbe le carte in tavola?

T. G.: Si, perché con Khatami gli iraniani possono scegliere tra due candidati molto diversi, malgrado le restrizioni del sistema clericale. Dopo tutto, a parte Israele, l’Iran è il solo paese della regione a beneficiare di un sistema elettorale che non dà per scontato i risultati.

Nel 1997, Khatami era stato eletto con l’appoggio popolare. Se dovesse essere nuovamente eletto in giugno, dovrà confrontarsi con una situazione economica e sociale molto difficile, a causa del calo del prezzo del barile di petrolio, crollato da 150 a 44 dollari. Dovrà inoltre vedersela con la forte opposizione dei conservatori.

Intervista swissinfo, Isabelle Eichenberger
(traduzione e adattamento dal francese Françoise Gehring)

Nel 1873, Svizzera e Iran hanno concluso un trattato di amicizia e di commercio seguito, nel 1934, da un trattato di amicizia e da una convenzione di domicilio.

Nel 1919, la Svizzera ha aperto un consolato a Teheran, trasformato successivamente in ambasciata nel 1936.

In virtù della neutralità, il nostro paese ha rappresentato in Iran gli interessi di Italia (1946), Australia, Canada, Gran Bretagna, Irlanda e Nuova Zelanda (1952), Sudafrica (1952, 1979-1995), Libano (1984) e, viceversa, gli interessi dell’Iran presso i paesi dell’Asse (1941-1946), Israele (1958-87), Irak (1971-1973) e Sudafrica (1979-1994).

Dal 1980, la Svizzera assicura le funzioni consolari e diplomatiche statunitensi in Iran e, dal 1979, quelle iraniane in Egitto.

L’Iran è uno dei più importanti partner commerciali della Svizzera in Medio Oriente. Nel 2005, è stato sottoscritto un accordo commerciale tuttora in attesa di ratifica.

Tim Guldimann, nato nel 1950 a Zurigo e originario di Lostorf (Soletta), conclude gli studi universitari a Zurigo e a Dortmund con una licenza in scienze economiche e un dottorato in scienze politiche. Entra in servizio presso il Dipartimento federale degli affari esteri nel 1982.

La sua carriera diplomatica è costellata di impieghi al Cairo, a Ginevra e a Berna. Dal 1996 al 1997 Guldimann ha condotto il gruppo di sostegno dell’OSCE in Cecenia, dal 1997 al 1999 è stato Capo della missione OSCE in Croazia.

Il Consiglio federale lo ha nominato nel 1999 ambasciatore in Iran e Afghanistan con sede a Teheran. Nel 2007, Guldimann ha guidato la missione OSCE in Kosovo. Attualmente lavora per il Centro di dialogo umanitario di Ginevra.

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