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È tornato l’anarchico Camenisch

L'imagine di Marco Camenisch è legata agli attentati ai tralicci dell'alta tensione swissinfo.ch

Dopo dodici anni nelle prigioni italiane, l'eco-terrorista è rientrato in Svizzera. Era un simbolo della rivolta giovanile degli anni ottanta. Ora deve fare i conti con la giustizia elvetica.

Poche figure sono assurte a simbolo dello scontro politico e ideologico degli anni ottanta come il grigionese Marco Camenisch. Alla vigilia delle rivolte giovanili, la sua protesta contro il sistema – radicale, solitaria e per finire violenta – aveva polarizzato l’opinione pubblica. Per alcuni era un eroe per altri un provocatore dissennato.

Il 18 aprile, l’anarchico termina di scontare una condanna a 12 anni in Italia per attentati a tralicci dell’alta tensione e per un conflitto a fuoco con due carabinieri che lo arrestarono nel 1991 in Toscana. Camenisch, 50 anni, dopo il rientro dovrà fare i conti con la giustizia svizzera.

Gioventù in movimento

Nel 1979, per rendere attenta l’opinione pubblica sulla distruzione della natura alpina, operata dall’industria idroelettrica con la costruzione di sbarramenti artificiali, l’attivista politico passò dalle parole ai fatti. Ma gli ordigni, confezionati artigianalmente, non provocarono danni seri alle infrastrutture dell’Azienda Elettrica della Svizzera orientale NOK.

Con una prima bomba riuscì solo ad incrinare un traliccio dell’alta tensione, con la seconda a danneggiare un trasformatore. Ma Camenisch e il suo complice René Moser, ormai sconfinati nel terrorismo, non la fecero franca a lungo. Con una sentenza radicale il tribunale di Coira condannò il primo a dieci anni di reclusione, il complice a sette e mezzo.

Il sostegno della piazza, che li aveva eletti icone della rivolta, non intimorì la giustizia che voleva una condanna esemplare per arginare la dilagante irriverenza dei protestatari verso le regole della società.

Ma fuori dall’aula, a Zurigo come in altre città Svizzere, un nuovo ’68 riaccendeva conflitti latenti. “Tutto e subito”, recitava uno slogan dei movimenti giovanili. E lo spazio per la vita e la creatività si trovava ovunque, occupando le case o le piazze.

Un decennio di latitanza

Già dopo un anno di reclusione, nel 1981, Camenisch evase dalle carceri di Regensdorf. Nello scontro a fuoco un secondino perse la vita, un’altro rimase gravemente ferito, ma non era Camenisch a portare la pistola. Seguì la latitanza: per quasi dieci anni l’anarchico cresciuto nelle montagne è uccel di bosco.

Solo nel dicembre del 1989, due mesi dopo la morte del padre, bussò alla porta del pastore evangelico del suo villaggio natale, Brusio nel cantone dei Grigioni. Mezz’ora prima una guardia di confine aveva perso la vita in una sparatoria ai margini del villaggio. Malgrado i blocchi della polizia Camenisch riuscì a fuggire.

Le sue tracce si persero di nuovo fino al momento dell’arresto, avvenuto il 5 novembre 1991 in Versilia. Camenisch era incorso in un blocco di polizia. Nella borsa portava armi e esplosivo. Il tribunale di Massa Carrara lo condannò a dodici anni di reclusione e al pagamento dei danni provocati da attentati ai tralicci dell’ENEL.

Memoria viva

In tutti questi anni, Camenisch ha potuto contare sul sostegno di una rete di amici e simpatizzanti che hanno abbracciato la sua causa intransigente contro “i baroni locali e i portaborse della borghesia”, colpevoli per la distruzione ambientale quanto l’industria idroelettrica o la lobby atomica.

Davanti ai tribunali Camenisch ha ripetuto più volte con forza le sue posizioni, quella lealtà alla libertà, contro il “presente che scarica davanti alle case e nei nostri cervelli rifiuti e veleni”.

E durante i lunghi anni di reclusione, l’interesse per la sua persona non è calato. Recentemente, è stato girato anche un documentario sullo spirito di rivolta che Camenisch ha impersonato. E anche la stampa elvetica, in particolare quella di sinistra, si è interrogata più volte sul dramma umano provato e provocato dall’uomo Camenisch. Quella linea sottile fra dissenso e distruzione, fra opposizione fondamentale e inutile spargimento di sangue.

Daniele Papacella

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